Agosto 17th, 2012

DIARIO TREVIGIANO

A cura di Franco Piol

 

 

CLAUDIO CASSI E SILVIA PASQUALINI,RE E REGINA DI FERRAGOSTO

pubblicata da Maurizio Forner

Nemmeno il giorno di ferragosto frena i podisti, tant’è che a Cison di Valmarino se ne sono contati ben 1700 in occasione della 37^marcia del ciclamino. Due i percorsi nelle splendide Prealpi Trevigiane ,di 6 o 10 Km. Partenza ore 9, con le note di un brano che normalmente accompagna alla partenza gli ultra trail (Alla conquista del paradiso di Vangelist),voluto da uno degli organizzatori, Walter Possamai, appassionato trailer. Anche in questa occasione, numerosa la presenza di atleti che hanno saputo dare lustro alla non competitiva. Vittoria di Claudio Cassi nel lungo che, ha saputo respingere gli attacchi nella parte finale in discesa di Lucio Fregona, giunto a 30″ poi nell’ordine sono arrivati Andrea Zanatta, Adriano Pagotto, Ivan Geronazzo, Giuliano de Zanet, Davide Camerin, Andrea De Martin, Otello Dall’Armi.

Tra le donne, Silvia Pasqualini, in grande forma non ha avversarie in grado di sopravvanzarla,a 2′20″ Sara Tomè poi tutte le altre con Patrizia Zanette, Moira Lorenzon, Monia Capelli.

Nel percorso breve,bene il figlio d’arte Roberto Fregona, davanti a Francesco Titton e Andrea Noal

Tra le giovani, Eva Gobbi su Marzia Signorotto ed Elisa Falsarella.

 

 

 

 

 

ARESE COME BOLT,

IL BILANCIO OLIMPICO

 

Scritto da Simone Proietti

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Si è conclusa la terza Olimpiade di Londra, quella che ha consacrato leggenda Usain Bolt, quella che ha regalato la progressione irresistibile di David Rudisha sugli 800 metri e la doppia vittoria dell’eroe di casa Moh Farah, quella che ha ripagato con tre ori la classe di Allyson Felix. E’ stata l’Olimpiade di Fabrizio Donato, capace di atterrare sul sogno di una vita e salvare una spedizione italiana tra le peggiori della storia.

 Arese e i suoi record: l’analisi non può che partire dal comportamento della squadra azzurra, protagonista di un’avventura tra le più nere nella sua storia olimpica.

Al di là del caso Schwazer, che comunque ha evidenziato anche alcune responsabilità gestionali della Fidal su un atleta di vertice che avrebbe meritato ben altre attenzioni (anche se non volute dall’atleta), la spedizione italiana ha messo insieme cinque finalisti, per un totale di 15 punti complessivi.

Visto che negli ultimi anni ci si attaccava a queste elucubrazioni matematiche per giustificare la riuscita delle missioni azzurre, diciamo subito che 15 punti sono la peggiore prestazione nella storia della Fidal alle Olimpiadi, ad eccezione del solo anno 1928, quando però la squadra italiana annoverava solo 5 donne (vedere il grafico a fine pagina). Tanto per fare un paragone, basti pensare che nel 1996 ad Atlanta i punti accumulati dai finalisti furono 48, con 4 medaglie conquistate. Se poi accostiamo il risultato londinese con quanto ottenuto a Pechino 2008, dove vennero racimolati 20 punti, il peggiore punteggio degli ultimi 40 anni, possiamo dire che la gestione Arese è entrata nella leggenda, al pari del giamaicano Usain Bolt: mai nessuno in Fidal era infatti riuscito a ripetersi per due edizioni olimpiche consecutive con partecipazioni così evanescenti. Record su record dunque, per un movimento atletico nazionale che conferma gravi difficoltà.

Abbiamo fatto il nostro dovere” ha dichiarato il Presidente al termine dell’evento olimpico, noi rispondiamo che a fare il loro dovere sono stati gli atleti, e solo loro, non certo i dirigenti.

Qui in Italia ormai se ne vedono e se ne sentono di tutti i colori: atleti da medaglia che vengono mandati all’estero senza fisioterapista al seguito, altri che all’estero vengono quasi dimenticati, altri ancora che vanno alle Olimpiadi al posto di chi se lo meriterebbe davvero.

Alcune voci da Londra parlano di epurazioni nel settore tecnico a settembre. Siamo sicuri che cadranno diverse teste, responsabili di settore che interpreteranno il ruolo di capri espiatori di un sistema che per otto anni ha girato a vuoto. E’ chiaro che anche i tecnici hanno precise responsabilità, ma la Federazione ha mai corretto il tiro, ha mai preso posizione con forza quando si litigava letteralmente in squadra?

E intanto il mondo va avanti, atleti juniores diventano campioni olimpici, mentre noi la nostra campionessa mondiale junior la teniamo a casa. Perché? Forse nella mente dei nostri dirigenti una spiegazione ci sarà, che vogliano preservare gli atleti in vista di radiose carriere master?

Per fortuna alla fine proprio un “master” ha salvato la faccia del movimento, aggiungendo in bacheca quella medaglia sempre sognata sin da bambino. Fabrizio Donato ci ha stupito ancora, ha volato su una pedana dove in tanti sono affondati, ha fatto tremare i virgulti statunitensi della specialità, gente di cui potrebbe quasi esser padre. Il triplo logora tanto, ogni balzo sollecita tendini e legamenti, riducendo le parabole di carriera di molti campioni. Donato invece è stato sempre lì, in pedana, trascinato dal divertimento e dall’amore per uno sport, che gli ha persino fatto trovare moglie. La sua biografia riporta risultati sin dal 1993, ossia quasi 20 anni di atletica alimentati da una passione immensa. Già, la passione, quella che ti fa superare i momenti tristi, gli infortuni, le difficoltà. Poi il resto lo hanno messo il suo coach Roberto Pericoli, guru della specialità, e le Fiamme Gialle, il suo club, che lo ha saputo preservare al meglio anche quando in molti lo davano per finito. Adesso, oltre a lui, il triplo può contare anche sulle forze fresche di Daniele Greco, che dovrà vedere Donato come un punto di riferimento ed un dispensatore di consigli in vista di quello che sarà.

Momenti lieti per i colori italiani sono arrivati dalla maratona, grazie a Valeria Straneo e Ruggero Pertile, interpreti non più giovani ma capaci di finire tra i primi dieci al mondo nelle rispettive gare, e dagli ostacoli, per merito di Marzia Caravelli e Emanuele Abate sulle barriere alte, e del talentuoso Jose Bencosme nel giro di pista. Sul finale di manifestazione è poi maturato l’ennesimo acuto della marcia italiana, un po’ per esorcizzare la delusione Schwazer, un po’ per render onore a quella piemontese testarda e grintosa di nome Elisa Rigaudo. Per il resto, capitan Vizzoni ha ancora una volta trovato la finale negli otto, mentre Yuri Floriani ed Elena Romagnolo si sono esaltati nella conquista delle rispettive finali di 3000 siepi e 5000 metri, imprese che vogliono dire concentrazione e finalizzazione dell’impegno. Sono poche le buone notizie olimpiche.

Intanto nei nostri confini continuano a sparire i meeting, gli atleti top si lamentano della carenza di gare di livello, i tecnici si lamentano di non essere sostenuti, i campionati italiani creano ormai più polemiche che risultati, gli impianti in diverse città sono in stato di degrado.

Il tutto a pochi mesi dalle elezioni federali, in dicembre, quelle che in molti vedono come il punto del cambiamento, della ripartenza dopo otto anni di gestione Arese, che nel frattempo ha già dichiarato di ricandidarsi. L’augurio è che in quell’occasione l’atletica italiana si rinnovi davvero, e che, chiunque sarà il Presidente eletto, si faccia supportare da forze giovani, in tutti i settori, perché in giro di teste che funzionano ce ne sono. Serve innovazione, servono idee, per non lasciare scappar via il resto del mondo.

 

Usain Bolt, il più veloce: Il personaggio da copertina dell’Olimpiade di Londra non può che essere l’uomo più veloce del mondo, il più irraggiungibile tra tutti i campioni nella storia dello sprint. Usain Bolt per due Olimpiadi consecutive ha dimostrato di essere l’inarrivabile, lontano più di qualsiasi altro da avversari e sconfitte. Usain Bolt ha saputo stupire con il suo solito atteggiamento, giocherellone e divertito dinanzi ad un pubblico di 80.000 persone, solo una piccola fettina di quel mondo che lo ha scrutato davanti alla tv durante le sue fatiche. Usain Bolt ha fatto meglio che a Pechino, non solo in termini di fredde prestazioni (con il solo 19.32 a peggiorare di un’inezia il crono sui 200 cinesi), ma anche perché ha messo alle spalle una concorrenza agguerrita, capeggiata dal grande amico e rivale, Yohan Blake. Checchè ne dica il Presidente del CIO Jacques Rogge,  adesso Bolt è una leggenda vivente, con sei ori e 4 record del mondo nelle sue partecipazioni olimpiche, leggenda come Carl Lewis, con il quale pure non corre buon sangue.

 

David Rudisha e la debacle keniana: rimarrà di sicuro la gara simbolo di questa Olimpiade, perché corsa in testa dall’inizio alla fine dal più grande ottocentista della storia, capace di un record del mondo pieno di significati. David Lekuta Rudisha, è il primo uomo ad essere entrato nella dimensione dei 100 secondi per correre due giri di pista, impresa che ha materializzato sotto gli occhi di un grande recordman della distanza come Sebastian Coe. Una gara memorabile, cadenzata,  passo dopo passo, dalle falcate eleganti del 23enne keniano, che riporta una medaglia olimpica a casa 44 anni dopo l’argento nella 4×400 del papà Daniel a Città del Messico nel 1968. Un trionfo quello di Rudisha che fa il paio con l’oro del connazionale Ezekiel Kemboi, gli unici due ori per il Kenya, in passato abituato a ben più cospicue scorpacciate. Stavolta la squadra degli altipiani ha faticato più del dovuto, risultando la grande perdente nel medagliere di Londra 2012. Che sia frutto di una coincidenza, di una preparazione sbagliata o di chissà cos’altro? Di certo una strana e poco prevedibile debacle che farà ancora discutere.

 

Moh Farah e i britannici: sarà un’Olimpiade da far passare alla storia anche per il doppio successo su 5.000 e 10.000 metri dell’idolo di casa, Mohamed Farah. Il britannico, sia pur di origini somale, ha centrato l’impresa che in passato fu solo per pochi, entrando prepotentemente nella storia olimpica. Farah ha emozionato, e non si poteva chiedere nulla di meglio per far impazzire un pubblico meraviglioso. Sbaragliare etiopi e keniani, riportare l’Europa in cima al mezzofondo mondiale. Lo abbiamo detto, l’origine è africana, ma Farah adesso è britannico a tutti gli effetti, la sua vita è lì, e britannico va considerato. Come se non bastasse poi la Gran Bretagna ha fatto suoi altri due ori, merito della predestinata Jessica Ennis nell’eptathlon, grande favorita, e di un imprevedibile Greg Rutherford nel salto in lungo. A questi si aggiungono anche un argento e un bronzo, segnali non casuali, frutto di un movimento organizzato ed aperto alle nuove realtà dell’atletica mondiale

 

Allyson Felix: A dover scegliere una regina dell’Olimpiade, con la britannica Jessica Ennis a parte, di sicuro tra le più papabili c’è la statunitense Allyson Felix, finalmente all’oro sulla sua distanza preferita, i 200 metri, dopo due edizioni in cui non era andata meglio dell’argento. Una partecipazione, quella della Felix, contraddistinta anche da altri due ori, nelle staffette, dove ha contribuito, e non poco, al record del mondo della 4×100. Riparte da lei la ripresa del movimento a stelle e strisce della velocità, un’inversione di tendenza rispetto al recente passato, che ha visto la Giamaica impossessarsi dello scettro dello sprint.

 

Giovani e vecchi, passaggio di consegne: ma questa sarà anche ricordata come l’Olimpiade dei giovani. Diversi sono gli juniores o quasi saliti alla ribalta, alcuni dei quali freschi campioni mondiali di categoria qualche settimana prima a Barcellona. Tra questi fa sensazione il trinidegno Walcott, medaglia d’oro nel giavellotto, segno che stanno cambiando gli equilibri anche in specialità tradizionalmente monopolio del Vecchio Continente. Negli 800 metri da record di Rudisha si esalta il campione mondiale junior Nijel Amos, atleta del Botswana, argento e record di categoria sgretolato con 1:41.73, a precedere il pari età keniano, Timothy Kitum. Ventata giovane anche sui 400 metri maschili, grazie al fenomenale Kirani James di Grenada, sempre più candidato ad essere il Bolt del giro di pista, seguito dal dominicano Luguelin Santos, campione mondiale junior e argento olimpico. Nuove leve che danno ossigeno al movimento atletico mondiale, che si aggiungono ai capolavori di chi è campione oggi e di chi ha dominato in passato, come Felix Sanchez. Il dominicano ha entusiasmato e commosso con l’oro sui 400 ostacoli otto anni dopo il suo primo successo ad Atene. Chi invece non è riuscito nell’impresa è stato il cinese Xiang Liu, fermato come a Pechino dal tendine d’Achille. Le sue lacrime e la drammatica scelta di completare comunque su una gamba la sua gara fin sotto il traguardo rimarranno tra le immagini indelebili di questi Giochi londinesi.

 

Oscar Pistorius: entra nella storia olimpica anche il quattrocentista sudafricano, l’ennesima vittoria per un uomo che non smette di arrendersi mai. “Blade Runner” ha fatto la sua figura nella gara individuale, per poi correre la finale della 4×400 con il quartetto sudafricano. Per lui era già un sogno esserci, il sogno si è tramutato in realtà. Un messaggio forte e di speranza proprio per chi deve tornare a sognare.

 

Il pubblico: ultima menzione per il pubblico, sempre numeroso, competente e perché no, rumoroso. Lo spettacolo è riuscito alla grande anche per merito degli 80.000 spettatori presenti ad ogni ora sulle tribune dello Stadio Olimpico. Sebastian Coe sarà soddisfatto di aver riportato in Gran Bretagna una grande Olimpiade, a misura d’uomo e con l’atleta finalmente tornato al centro dell’attenzione. La tv ha poi fatto la differenza, con immagini spettacolari ed una copertura dell’evento mai vista in Italia. Arrivederci Londra e grazie, ci hai fatto proprio emozionare!

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Carlo Manzotti, Spresiano 9 agosto 1915. Grande Maestro di Vita che si è dedicato totalmente allo sport e alla cura amorosa dei suoi infiniti allievi, davvero un esempio di passione e rettitudine sportiva. Campione regionale nel 1939 sui 110hs, dove vanta 16″0 e nell’alto (sua specialità), dove ha un personale di 1,85.

 

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Sergio Baldo, Treviso 28 agosto 1968. Altista di razza, l’unico nostro ad aver superato, dopo Paolo Borghi, l’asticella dei due metri e venti (2,22). Campione nazionale junior nell’86 e Universitario nel 90; campione regionale nel 90/91. Come molti di voi, anch’io lo ricordo giovane star televisiva (RAITV), prestarsi aitante e…telegenico a dimostrare la tecnica del salto in alto.
Ora è un valido dirigente e cura la formazione atletica dei giovani delle FF.OO. di Padova.