Marzo 22nd, 2013

DIARIO TREVIGIANO

A cura di Franco Piol

 

 

CIAO PIETRO!!!

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                Pietro Mennea di strada ne ha percorsa tanta, a partire dal 1968, quando, appena sedicenne (era nato il 28 Giugno 1952 a Barletta), iniziò l’attività agonistica confrontandosi col suo primo avversario, un ragazzo soprannominato Pallammolla che – almeno inizialmente – lo avrebbe battuto più volte all’Istituto “Cassandro” di Barletta. Di quel ‘68 Pietro ricorda di aver assistito in TV alle finali dei 200 metri vinti da Carlos a Città del Messico, poco prima di scendere lui stesso sulla pista di Termoli per disputare la finale sulla stessa lunghezza in un piccolo meeting promozionale. Quasi la premonizione di uno storico appuntamento al quale non sarebbe mancato dodici anni dopo.

Dal “Cassandro” all’Avis Barletta, società dove, tra le mani del prof. Franco Mascolo, si mise in luce in numerose gare nazionali, ma di secondo piano, continuando ad allenarsi  dove gli capitava (sulla spiaggia, sulla strada, sulla pista per ciclisti dello stadio Simeone) nella sua città natale visto che non esisteva ancora una pista di atletica. Al tempo viveva l’atletica ancora in maniera spensierata. Lui stesso racconta che una volta si trovava a Formia per una gara e un oretta prima di riscaldarsi si mangiò un grosso piatto di pasta al forno. Nonostante ciò scese regolarmente in pista segnando il nuovo record italiano allievi sui 100 metri, 10″8. Erano gli anni dei Beatles e di Elvis Presley, di Cassius Clay e della rivolta studentesca, e per “guadagnarsi” le 50 lire per un panino il piccolo Pietro si sottoponeva a delle sfide contro un Vespone o una macchina sulla distanza di 50metri, ovviamente vincendo. Dopo Mascolo, Carlo Vittori rappresentò la svolta. Iniziarono a collaborare a Formia il 1° gennaio del ‘68, anche se il vero rapporto professionale cominciò sul finire del ‘71 quando Pietro aveva terminato gli studi e l’atletica avrebbe rappresentato il suo futuro. Formia segnò l’inizio di una vita completamente nuova, votata interamente alla preparazione tecnica e fisica, lontana dai ritmi, dalle abitudini, dai rapporti che lo legavano a Barletta. Per questa ragione, parallelamente all’aspetto puramente atletico, Vittori agì sull’elemento psicologico affinché Mennea allentasse i legami con il suo passato. Un passaggio doloroso ma necessario. Ogni giorno in pista per ore e ore, senza saltare una seduta, entrambi impegnati in un lavoro severo, faticoso, estenuante…

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                Un lavoro che avrebbe dato presto i suoi frutti. Nel 1971, campione italiano nei 100 e nei 200; nel 1972 primatista e campione italiano nei 200 (20”11) e così a seguire negli anni successivi dove ricorderemo, in particolare: nel ‘74, primo nei 200 negli europei di Roma; nel ‘75, primo nei 100 e nei 200 ai Giochi del Mediterraneo di Algeri, e ancora primo nei 200 nei Giochi Universitari di Roma; nel ‘76 quarto nei 200 alle Olimpiadi di Montreal; nel ‘77, secondo nei 200 alla prima Coppa del Mondo, a Dusseldorf; nel ‘78, primo nei 100 e 200 ai Campionati europei.

                Ma è solo tra il 1979 e il 1980 che Pietro Mennea ha potuto ritenersi soddisfatto della sua carriera. Nella sua lista delle cose da fare mancavano ancora un record del mondo ed una medaglia d’oro olimpica, e una dopo l’altra sono state depennate anche loro. Lui stesso nel suo libro ” 19″72 – Il record di un altro tempo” ammette che nonostante nel 1978 avesse vinto i Campionati Europei sui 100m e sui 200m non si sentiva appagato come una volta. Aveva bisogno di andare oltre, doveva andare oltre. Ma dopo 11 anni di duro allenamento, 11 anni di dedizione totale, 11 estenuanti anni, il 12 Settembre 1979 arriva il premio. Alle Universiadi di Città del Messico Pietro Mennea stabilisce il nuovo record del mondo sui 200m in 19″72, un record che sarebbe rimasto imbattuto per 6.018 giorni, oltre 16 anni (ed è tutt’ora il record europeo).

 

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                Senza rilassarsi nemmeno un secondo Pietro punta al secondo obiettivo e lo centra meno di un anno dopo sui 200m, il 28 Luglio 1980 alle Olimpiadi di Mosca, tagliando per primo il traguardo dello Stadio Lenin in 20″19 precedendo lo scozzese Alan Wells e il giamaicano Don Quarrie conquistando la medaglia d’oro nonostante avesse corso in 8° corsia. E’ stato protagonista di una gara stupefacente, che lo vedeva 7° a 70 metri dalla fine. Da segnalare l’assenza del primatista stagionale LaMonte King a causa del boicottaggio subito da quella edizione dei giochi olimpici per motivi politici.

 

                 

Pietro Mennea voleva essere veloce. Prima ha sfidato il vento, poi gli avversari, poi solo se stesso. Ed è riuscito a diventare il più grande atleta italiano di tutti i tempi. Ha corso da protagonista sulla scena mondiale per circa 20 anni in oltre 500 gare, ha partecipato a 5 Olimpiadi, battuto 2 primati mondiali, 8 primati europei, 33 record nazionali. Ormai in Italia il nome di Mennea era stato associato all’essenza della velocità, ed erano stati addirittura coniati detti come: «Oh, calma: non sono mica Mennea !» Esausto, ma forse più psicologicamente che fisicamente, il 5 marzo dell’81 lasciò per un anno l’attività agonistica. Ne diede notizia, durante un’affollata conferenza stampa, dopo averlo comunicato ai suoi dirigenti, con grande rimpianto per quei dieci indimenticabili anni, ringraziando in particolare Luca di Montezemolo, Giampiero Boniperti, Franco Carraro, Primo Nebiolo e – soprattutto – Carlo Vittori. Tuttavia Pietro non riusciva a stare lontano dalle piste di atletica, e così l’anno dopo ritornò a gareggiare, ottenendo un 4° posto con la 4×100m agli europei del 1983, bronzo sui 200m e argento nella 4×100m ai mondiali del 198 e 7° alle Olimpiadi di Los Angeles 1984. Dopo un altro annuncio di ritiro dalle competizioni (ed un altro passo indietro) Pietro fece una comparsata alle Olimpiadi di Seul 1988 ritirandosi dopo aver superato il primo turno.

                Mennea è stato il primo atleta al mondo ad arrivare in una finale olimpica 4 volte di seguito.

Oltre alle imprese in campo competitivo, il nome di Mennea resterà scritto nella storia dello sport perché, insieme al suo tecnico, il prof. Carlo Vittori, è stato colui che ha creato le basi della conoscenza di una metodologia di allenamento specifica, cioè mirata al “grande evento”, che può essere un mondiale o un olimpiade. I velocisti di oggi possono ancora trarre beneficio dalle esperienze di Mennea e Vittori, ed evitare gli errori che, inevitabilmente, hanno commesso e che, col tempo, hanno scoperto, corretto e cancellato. Senza ironia nè sarcasmo o amarezza, lo stesso Mennea ha più volte sostenuto di essere stato una vera e propria “cavia” per il mondo dello sprint, lavorando come un “mulo” sempre cercando di capire e sempre puntando a migliorare, pagando di persona le novità, i tentativi, gli eccessi, ma accettando tutto con entusiasmo, convinto di quanto stava facendo. Inoltre, Pietro Mennea non è certo famoso per il suo fisico straordinario, anzi. Molti hanno persino criticato il suo modo di correre un pò curvo, scomposto, sgraziato, dallo stile tanto inconfondibile quanto disarmonico, non bello da vedere, ma sicuramente efficace, come hanno dimostrato i risultati ottenuti nel tempo. Alcune di queste caratteristiche erano naturali, ma non erano sufficienti per conquistare un record mondiale. A sopperire a questa mancanza però c’è stato il duro allenamento. Un aneddoto della vita di Mennea si può trovare nel lungo periodo in cui ha vissuto a Formia nel centro di preparazione olimpico. Tra un allenamento e l’altro, era talmente dedito alla sua attività che il tempo che non passava ad allenarsi lo passava seduto a letto a riposare le gambe e la noia si impadroniva di lui. Per ovviare al problema iniziò a leggere libri, studiava e correva, correva e studiava.
<<Un uomo deve prepararsi alla vita: lo fa a 30, 40, 50, 60 anni. Quando ho smesso di correre, ho scelto di fare la professione dell’avvocato. Ma durante le gare avevo già messo le basi per quello che sarei stato dopo. Mano a mano crescevo, cercavo di mettere un piccolo tassello: è ciò che mi ha insegnato lo sport». Le ore di “pausa” che Mennea dedicava allo studio oggi gli valgono un diploma ISEF e ben quattro lauree: in Giurisprudenza, Scienze Politiche, Lettere, Scienze dell’educazione Motoria . Senza contare che dal 1999 al 2004 ha ricoperto la carica di Deputato al Parlamento Europeo.

                Oggi è un forte sostenitore della lotta al doping ed insieme alla moglie è il fondatore della Pietro Mennea Onlus che sostiene progetti di assisenza sociale e di ricerca medico-scientifica.

                Testo tratto da www.atletipercaso.it

                http://www.atletipercaso.net/storie-pietro-mennea-la-freccia-del-sud

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SILCA ULTRALITE VITTORIO VENETO

Francesco Arduini re dell’alto ai Campionati Europei Indoor Master

            Dopo il titolo indoor il romagnolo punta a Italiani, Olimpiadi e Mondiali outdoor

             

In Spagna il trentottenne ha vinto la gara MM35 saltando 1 metro e 95

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                Francesco Arduini si mette al collo la medaglia d’oro di campione europeo indoor. In Spagna, a San Sebastian, martedì sera, saltando la misura di 1,95 metri, il trentottenne portacolori di Silca Ultralite Vittorio Veneto ha vinto la gara dei master MM35.

                “Non sono molto soddisfatto della gara, ma l’importante era vincere – ha commentato Arduini – gli obiettivi della stagione master all’aperto sono i campionati italiani a giugno, le olimpiadi ad agosto, i mondiali in Brasile ad ottobre. In questa stagione punto a saltare 2,10”.

                Nel paese iberico Arduini è arrivato con i favori del pronostico, vista l’assenza di due importanti avversari, un russo e uno spagnolo, che all’ultimo hanno dato forfeit per la rassegna continentale. A causa di alcuni problemi tecnici – organizzativi, la gara, per il romagnolo, è stata però travagliata. Un’entrata, senza neppure i salti di riscaldamento, a 1,70 (quando solitamente lui entra a 1,90) e poi via via il superamento dell’asticella posta a 1,80, 1,85 e 1,90. Con quest’ultima misura Arduini ha vinto la gara, ma puntava anche ad agguantare il record della rassegna indoor di 2,02. Misura alla sua portata, ma il saltatore, dove aver superato brillantemente 1,95 ha fallito i 2 metri. Un pizzico di amarezza, ma tanta gioia d’oro per il campione, che vanta i record degli europei outdoor e dei mondiali indoor con 2,05. A due giorni dalla vittoria (che si aggiunge ad altri due europei all’aperto, nel 2010 e nel 2012 e a un mondiale nel 2012) Arduini guarda già avanti. La voglia di gareggiare è tanta. Come pure quella di allenarsi, quattro volte a settimana, in pausa pranzo, insieme a Nicola Ciotti, campione italiano e per anni detentore del record italiano con 2,30. “Certo, allenarsi con un atleta come Nicola dà stimoli importanti – afferma il romagnolo – allenarsi è un impegno, ma è la passione che mi fa allenare e gareggiare. Spero di essere uno stimolo per i giovani, per impegno e passione che metto nel praticare l’atletica”. Il saltatore della società vittoriese vive a San Giovanni in Marignano, in provincia di Rimini, lavora come tecnico un una ditta che produce accessori per moto e vanta, nel suo palmares giovanile alcuni podi tricolori nelle categorie allievi, juniores e promesse. Nel 1996 ha saltato 2,11 suo attuale record, ma quest’anno ad Ancona è volato fino a 2,07. Oltre all’attività master, Arduini è impegnato nell’attività assoluta e societaria con Silca Ultralite Vittorio Veneto di cui è portacolori medagliatissimo da un decennio.

                “Come società siamo contenti di questa bella vittoria che ci dà una buona visibilità, i risultati di Francesco oggi, praticamente come vent’anni fa, sono indice di serietà nella preparazione e nello stile di vita”, ha commentato Raffaele Moz, vicepresidente di Silca Ultralite Vittorio Veneto e coordinatore della squadra maschile. Un plauso arriva anche dal presidente Aldo Zanetti. “Arduini è un buon esempio per i nostri giovani, alla sua età, lavorando 8 ore al giorno, trova il tempo, la passione e la voglia di allenarsi e volare, a quasi 40 anni, ancora sopra i due metri – ha aggiunto Zanetti – un applauso non solo per il titolo europeo, ma per il suo essere un bell’esempio”.

 

 

 

 

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