DIARIO TREVIGIANO
A cura di Franco Piol
PILLOLE
VILLA LAGARINA nella corssa di fine settimana, per un impegno di 12 chilometri, terzo posto per Paolo Zanatta che ha coperto la distanza in 37’29.
Dietro di lui, Andrea Frezza in 41’33. e Marco Bragagnolo in 45’21.
MARATONA DI FRANCOFORTE stagionali per i nostri atleti trevigiani Gianni Bressan (119°) con il tempo di 2h 34. 43. (30 km. coperti in 1h 49. 12.) e Fabrizio Paro, tempo 2h 40. 25.
A VENEZIA nella speciale corsa Garmin-for -Runner di 10km. trionfo di Diego Avon in 33’50. (10.640m.) davanti al bravissimo Lorenzo De Conto, 36’17; poi Corrado Gasparini in 39’46. e Michele Schiavon in 41’01.
Tra le donne, prima tra le master SF45, Monia Da Lozzo con il tempo di 45’59.
A TREVISO calorosa festa di chiusura dell’attività atletica per la stagione 2015 della societa Trevisatletica. Vi mostro alcuni momenti (foto di Gabriele Marsura):
………………………………………………………………………………………….
ATLETICA GIOVANILE TREVIGIANA ora meno talentuosa ma più che mai IMPORTANTE.
8^ PARTE ancora LE SOCIETA’ ASSOLUTE; soddisfazioni, fatiche, delusioni, ed eroi che sopravvivono.
di Francesco Storgato
Riprendo il discorso riguardante le società assolute perché mi è rimasto ancora qualcosa da dire. Dopo aver detto di risultati, organizzazioni e collaborazioni, continuo con altri aspetti presenti in queste realtà. Comincio dalle soddisfazioni, quelle che alimentano, che entusiasmano, quelle necessarie per continuare. La storia dell’atletica è fatta con i numeri e per tante società arrivare a tagliare negli anni traguardi di presenza nel territorio è senz’altro un primo successo. Portare avanti un’attività rivolta ai giovani significa anche svolgere un servizio sociale, sono luoghi dove crescono intere generazioni di bravi e onesti cittadini. Sono luoghi che cambiano un territorio. Se chiude una società sportiva, se ne va via un pezzo di quel territorio. Quando entro in un impianto, mi capita spesso di vedere bacheche in bella mostra dove vengono “esibiti” titoli conquistati, record stabiliti, maglie guadagnate. Di solito la scalata comincia da qualche titolo provinciale in qualche specialità quando si è ancora adolescenti, poi dalle prime presenze nelle rappresentative provinciali, in occasioni di manifestazioni dove il livello competitivo aumenta. Titoli regionali….titoli nazionali magari con prestazioni di rilievo. Inserimento in raduni, in progetti talento…convocazione con maglia azzurra in occasioni continentali o addirittura mondiali. Crescendo ancora in certi palmares societari vengono citati quanti atleti entrati a far parte di gruppi sportivi militari, il che vuol dire che la semina ha dato i suoi frutti, offrendo una prospettiva di vita concreta ai tanti ragazzi cresciuti tra ripetute ed esercitazioni. Sono risultati che ogni società sfrutta con orgoglio per promuoversi, i titoli sul giornale fanno piacere e indicano soprattutto capacità nello scoprire e coltivare i talenti. Anche i compagni di squadra più giovani sono attratti, vedono la possibilità di riuscita. Tutto ciò comporta euforia, ambizioni, ma anche responsabilità. Avere atleti di alto livello in squadra fà piacere, ma comporta impegno per seguirli affinché quel livello raggiunto sia perlomeno mantenuto.
Le fatiche sono tante, anzi tantissime. Ogni giorno bisogna lottare per avere le ore della palestra o per disporre di un impianto accettabile per allenarsi; bisogna trovare i soldi per mandare avanti tutta l’attività, cercando di non caricare troppo il costo sulle categorie inferiori; bisogna sostenere i i giovani che regalano mille soddisfazioni, ma anche qualche delusione; bisogna ragionare con i tecnici, che a volte qualche problema lo creano; bisogna discutere con i genitori, magari più esigenti, ma pronti a dare una mano. Bisogna andare a questa e a quella riunione, bisogna andare a questa o a quella trasferta, bisogna promuovere, bisogna contare…. ma anche contarsi per non andare “fuori giri”, andando oltre le possibilità rischiando di scoraggiare collaboratori e deludere per non aver mantenuto promesse fatte. Alla base il tutto deve essere impostato bene, deve essere coerente.
Le delusioni sono presenti e a certe ci si abitua. Partendo dagli atleti che non sono sempre affidabili, sopratutto quando ti servono per un risultato importante. Gli infortuni, non mancano mai e quando va bene, un periodo d’inattività e si riprende, quando sono più gravi compromettono stagioni intere (quest’anno nella finale “A” Oro il Brugnera Friulintagli si è trovato senza contemporaneamente A.Trost, E. Franzolini e I. Castellani, tre punte della squadra femminile). Gli abbandoni, da mettere in preventivo a tutte l’età. Per studio, per lavoro, per altre priorità. Dispiace quando un’atleta l’hai preservato, cesellato e quando arriva il momento dove può dare il meglio, ti viene a mancare. Succede anche ad atleti di alto livello. Ricordo qualche anno fa una marciatrice padovana, finalista ai mondiali junior a Pechino nel 2006, quinta agli europei ad Hengelo nel 2007, a termine di quella stagione, una sera arriva in campo, non si cambia, e mentre il suo allenatore in testa aveva il pensiero di come impostare la stagione successiva, va da lui e gli dice piangendo “Gianni io non mi sento più la volontà di continuare a marciare” stop, carriera finita e come lei tante altre. Delusioni da sponsor e istituzioni che si defilano quando hai bisogno come non mai. Dai vertici Fidal nazionali,si può essere persone più attente e competenti (non è il mio caso), per riconoscere se la Federazione svolge un buon lavoro, se ottimizza le risorse in una opportuna direzione o se le sperpera buttandole in progetti discutibili o supportando situazioni che sono a vantaggio di pochi e penalizzano i molti “eroi quotidiani”.
“Gli eroi che sopravvivono” sono quelli delle tantissime società che per certi aspetti rappresentano il “miracolo italiano” che puntualmente si ripete. Quelli coraggiosi malgrado gli aiuti, sia in termini economici, sia in termini di braccia operative, non sono facili da reperire. Quelli che mantengono la passione anche quando l’entusiasmo si affievolisce e non riescono a stare più di un giorno lontano dalle piste. Quelli che si tengono aggiornati, perché è importante in primo luogo aver la conoscenza dello sport insegnato. Quelli che dedicano tempo senza arricchirsi, anzi a volte rimettendoci di tasca propria, perché innamorati dell’atletica e dei giovani.
…………………………………………………………..
…………………………………………………………..