DIARIO TREVIGIANO
A cura di Franco Piol
RISPOSTA RAGIONATA A FULVIO MALEVILLE DEL PROF. MARCO FRANZERO
Alla c.a.
Sig. Franco Piol - Atletica trevigiana
Facendo seguito alla pubblicazione apparsa in data 29 giugno u.s nel Suo sito di uno scritto prodotto dal prof. Fulvio Maleville intitolato “UN ALLENATORE IN APPRENDIMENTO” e riguardante – in buona sostanza – le applicazioni metodologiche utilizzate da chi allena nel rettilineo opposto a quello frequentato dal prof. Maleville, essendo il tono dell’articolo più consono al dileggio delle suddette metodologie che all’interesse per approfondirne le motivazioni nella scelta e nell’utilizzo, ed essendo il prof . Franzero la persona che, occupando il rettilineo opposto a quello del fortunato osservatore, le utilizza, ho ritenuto – in qualità di presidente di TrevisAtletica e degli atleti che il prof Franzero allena nel ormai famoso rettilineo opposto – fosse inevitabile coinvolgere proprio il prof. Franzero a rispondere alla pubblicazione col garbo e l’educazione che lo contraddistinguono.
Ne allego la lettera di risposta pervenutami e chiedo cortesemente venga pubblicata nel medesimo sito, affinché i lettori possano – in regime di par condicio – sentire anche l’altra campana.
Le chiedo cortesemente e senza alcuna vena polemica di verificare la consistenza tecnica di quanto le viene periodicamente inviato con fini di pubblicazione, evitando di pubblicare articoli come quello dell’ALLENATORE IN APPRENDIMENTO che non contribuiscono a far crescere il nostro movimento, ma anzi, alimentano polemiche e ruggini, nonché inutili e dannosi campanilismi. La non condivisione di un metodo di lavoro è legittima, l’estensione delle proprie idee deve essere parimenti educata e costruttiva, non canzonatoria.
Stante la situazione il mio ruolo si ferma qui, auspicando di non dover intervenire nuovamente e più duramente qualora simili situazioni dovessero ripetersi.
Un cordiale saluto.
Rolando Zuccon – Presidente di TrevisAtletica
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(NdR) Ricevo la sua, come tante altre richieste e volentieri la pubblico, restando d’accordo con la prima parte del suo sollecito, mentre non posso accettare la seconda parte in quanto non mi permetterei mai di interferire negli scritti altrui, né, peraltro, ho le capacità tecniche per intervenire e censurare la sostanza degli stessi. Qualora ci fossero esplicite offese, dileggi e/o diffamazioni, le assicuro, non pubblicherei, non per responsabilità diretta (sa bene che non ne ho), quanto per una mia etica personale; per polemiche indirette, velate e/o implicite, questo stesso strumento ristabilisce per par condicio la possibilità di chiarire, ricusare e/o rimandare al mittente l’eventuale sottintesa invettiva. Proprio come ha fatto oggi intelligentemente e democraticamente lei stesso (e per questo la ringrazio). La libertà di opinione, come lei stesso mi conferma è sacra e non valgono ai fini di un dibattito (sempre utile quando è ragionato e/o quando comunque è) minacce e/o ritorsioni alcune.
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Ringrazio il Prof. Maleville che dedica cosi’ tanto tempo alla osservazione di quanto avviene sul rettilineo opposto, quello dove alleno.
Personalmente faccio già difficoltà a seguire con la necessaria attenzione le esercitazioni che propongo ai miei atleti.
Viene spontaneo domandarsi il perche’ di questa curiosità, per un modo di procedere che sembra poi giudicare quantomeno fantasioso
rispetto ai solidi e immutabili canoni tecnici, adottati dalla stragrande maggioranza degli allenatori italiani.
E che è di fatto, un comportamento talmente marginale e periferico che i modelli tecnici di generale riferimento, attuali e futuri, possono e potranno dormire sonni tranquillissimi.
Tento comunque un chiarimento circa quanto il Prof. osserva fare, partendo da alcune ,personali, considerazioni generali.
Innanzitutto ritengo che regga sempre meno ,per un corridore, concepire una preparazione in modo prescrittivo (stabilita cioe’ a priori e suddivisa e pianificata rigidamente), mentre reputo più efficace un procedere del tutto individualizzato, modulato e variabile, che benefici e sia costruito sulle risposte adattative che l’atleta manifesta giorno per giorno.
Tutto questo richiede all’allenatore un pensiero articolato e duttile per rimettere in discussione, se necessario, il programma giornaliero ,intendendo questo solo come ipotesi di lavoro.
Il tecnico deve saper quindi interrompere prima del tempo, o proseguire, o rendere piu’ complessa e articolata una seduta rispetto a quanto previsto.
Si fa quello che serve e quando serve.
Un compito difficile ma motivante, che presuppone si abbiano chiari modelli tecnico- dinamici di riferimento, dei loro principali meccanismi biomeccanici, sia per gli esercizi analitici che per i gesti riepilogativi, e che richiede affinamento delle capacita’ di osservazione e la migliore comprensione possibile delle caratteristiche positive dell’atleta, per decidere su quali fattori è piu’ vantaggioso lavorare.
Quanto esposto ha evidentemente bisogno di approfondimento, mi riservo e rimando anche alla lettura di un testo:
L’ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO.NUOVE FRONTIERE
Pasquale Bellotti e Donati, Societa’ Stampa Sportiva,1993
Non sono critico circa la storica classificazione degli esercizi, proposta nei corsi, avendone fatti, ma non condivido affatto uno schematico utilizzo temporale.
Procedo nella scelta e nelle modalita’ di effettuazione partendo da un criterio di correlazione , con i limiti di ogni valutazione personale:
ne valuto alcuni molto correlati e che incidono per dinamismo e forma sul gesto finale e con alta efficacia;
altri con correlazione piu’ modesta ,o per dinamismo o per tipologia e quantita’ di elementi tecnici, che giudico di utilita’ piu’ limitata, ma da utilizzare con finalita’ addestrative;
altri ancora con bassissima o nulla correlazione con la gestualita’ che ci interessa, che potrebbero avere carattere di inutilita’ o addirittura danno.
Le possibilita’ di modulazione dello stesso esercizio , nel dinamismo esecutivo, nella durata di applicazione, nell’entita’ dello spostamento orizzontale o verticale , aprono un mondo infinito di possibilita’ e miscele, in relazione anche ai periodi della preparazione.
Faccio fare quello che mi sembra serva e quando mi sembra che serva .
ESERCIZI TECNICI
Utilizzo gli esercizi tecnici per la corsa (da non confondersi con le blande andature di certi riscaldamenti) ,gli analitici per la rapidita’, le andature per il rendimento elastico e le prove di accentuazione ritmica ,a volte prima ,a volte dopo e spesso intervallate alle prove di corsa.
Ovviamente con finalità diverse:
ad inizio seduta e in freschezza per i massimi effetti e rispettoso della classica impostazione;
tra le prove di corsa ,interrompendole per un aggiustamento qualora la forma tecnica del gesto o il rendimento elastico non mi sembri soddisfacente;
alla fine in condizioni di stanchezza alla ricerca di una resistenza specifica.
Alcuni allenamenti sono totalmente incentrati sugli esercizi di tecnica della corsa e sugli esercizi di raccordo (cosi’ Sandro Donati ,come noto mio personale riferimento metodologico ed etico, defini’ nella sua relazione al Convegno Europeo Allenatori Atletica a Roma 1996, per la strettissima correlazione con la corsa stessa e illustrandone le infinite possibilità di modulazione).
Un brano del Prof. Donati al riguardo:
“…i benefici pratici dell’impostazione che vede all’ inizio dell’allenamento le esercitazioni che richiedono un forte coinvolgimento dei fattori coordinativi e l’ espressione veloce e rapida della forza, non vengono contraddetti nei casi in cui l’allenatore organizza, per precisi obiettivi metodologici, unita’ di allenamento in cui le componenti sono previste nell’ordine inverso.
E’ questo il caso di sedute orientate alla resistenza specifica, nelle quali lo svolgimento delle esercitazioni con espressione veloce e rapida della forza ,o tecniche e tattiche, viene spostato nella parte terminale dell’unita’, per essere effettuate in condizioni gia’ di stanchezza.
Diversi possono essere i modi per conseguire questo affaticamento: resistenza o potenza aerobica, lattacida, resistenza alla velocita’.”
TRAINO
Formia, febbraio,1980,corso allenatori.
Ricordo la sala silenziosissima durante la lezione del Prof Vittori sulle esercitazioni di sprint col traino (che indico’ essere assai piu’ specifico dei balzi), ne illustro’ gli effetti positivi sulla capacita’ di reclutamento istantaneo e forza esplosiva, gli effetti sull’allungamento dei tempi di appoggio da tenere presente, si produsse in una sofisticata analisi sul meccanismo energetico che supportava le prove, tra ATP,ADP,AMP ed esteri fosforici.
Suggeri’ infine in quello che appesantiva la prova libera di circa 1″ ,rispetto alla prova libera (30 mt), il carico massimo da trainare.
A questo valore fa riferimento la bibliografia e da questo credo nascano le perplessita’ del Prof. Maleville, ritenendolo, e mi allineo ,non adatto
al periodo gara.
Ma un traino piu’ leggero, che appesantisca solo di pochi decimi, diciamo 4/5, la prova libera? Il nostro pneumatico di utilitaria..
Lo reputo di tutta fattibilita’, anche in periodo gara (come le salite con pendenze piu’ leggere): interessante stimolo per innervazione dei primi appoggi e l’accelerazione, da miscelare con prove libere e partenze dai blocchi.
Dalla personale raccolta dati, gli atleti escono poi ,dopo poche prove di traino, con tempi record nella prova libera e con positivo aumento dell’ampiezza.
Piu’ di una volta li ho inseriti il giorno prima di una gara record su distanza sprint, in miscela con attivazione rapida.
Tutta da esplorare invece una combinazione miscelata tra traino con carichi diversi e prove libere, magari a contrasto, periodo non agonistico, ci mancherebbe.
PIEDE A MARTELLO, ARSENIO LUPIN, CORSA SEDUTA e CALCIATA AVANTI
Provo a rispondere in successione a tre considerazioni tecniche che hanno un collegamento nella pratica.
La questione del piede “a martello” nelle azione di corsa penso che non debba nemmeno porsi, avendola gia’ risolta anni addietro il solito Prof Vittori:
“Si è detto anche che l’atleta deve porre molta attenzione al mantenimento del piede in flessione dorsale (o a martello come suol dirsi in gergo) ma anche questo accorgimento vuole correggere l’effetto piu’ che rimuovere la causa, non dimostrandosi risolutivo.
Se l’atleta ha veramente percepito ed immagazzinato nella sua memoria cinestesica la giusta sensazione del rimbalzo dei piedi, questi si staccheranno dal suolo e avanzeranno piu’ tempestivamente rimanendo perpendicolari al suolo senza particolari attenzioni e tensioni muscolari.”
Il brano è parte di un piu’ lungo articolo dal titolo “L’ABERRAZIONE DEL FENOMENO SPINTA” che demolisce anche la dicitura ,purtroppo ancora in uso, che indica all’atleta: “Spingi dietro”. Ma questa è un’altra storia.
Tutto ruota quindi sulla acquisizione della sensazione del rimbalzo del piede.
In questa direzione vanno una parte consistente delle esercitazioni ,anche quelle con uso molto esasperato del piede (probabilmente le Arsenio Lupin viste dal Prof Maleville), che ampliano una vasta gamma che ne prevede altre con espressione molto piu’ veloce e reattiva ,nell’ottica di una modulazione che arricchisce la sensibilita’ e i tempi di appoggio conosciuti, presupposto per la possibilita’ di esprimersi a velocita’ diverse.
Mi sembra ne traggano vantaggio tutti gli atleti, ma in modo particolare coloro che hanno corso a lungo su ritmi standardizzati ,con tempi di appoggio piu’ o meno simili, spesso con uso soffocato del piede.
Ricordo ancora un allenatore nazionale invitare un mezzofondista di talento, che faceva dell’uso elastico del piede il fulcro delle sue prestazioni sul tartan, ad una corsa “senza rimbalzo”(!) poggiandogli una mano sulla testa mentre lo seguiva
in bicicletta.
I risultati non tardarono a manifestarsi: allungamento tempi di appoggio con espressione quasi rullata del piede, dolori ai quadricipiti, accorciamento evidente della lunghezza del passo, crollo verticale delle prestazioni.
Per approfondimento bibliografico suggerisco IL RUOLO DELLA ELASTICITA’ E DELLA TECNICA DI CORSA, Gigliotti e Donati (sempre lui:), Atleticastudi 1984.
Veniamo ora alla “corsa seduta calciata avanti”..
Ho passato in rassegna i ragazzi del gruppo che seguo, circa una quindicina, cercando di capire chi correndo avesse generato questa definizione, che faccio un po’ fatica a comprendere.
Ho chiesto anche a qualcuno di provare a riprodurla ,senza successo.
Il mio pensiero tecnico ruota intorno alla DISCESA PERPENDICOLARE del PIEDE e conseguente RIMBALZO DEL SISTEMA CORPO E DEL BARICENTRO.
Nessuno dei miei atleti è invitato a cercare con flessione volontaria la risalita del ginocchio (la sottile differenza che passa tra uso dei flessori e degli estensori, tra fasi volontarie e riflesse), e l’oscillazione avanti del piede.
Se questa ultima avviene e viene letta da osservatori attenti ,direi per un paio di casi al massimo e per pochi gradi in fase di corsa lanciata, ci tengo a precisare che gli atleti sono avviati in un percorso per migliorare il difetto, che ha origini nella tipologia di corsa adottata precedentemente, non facile da migliorare e legato anche alle sensibilita’ motorie del singolo.
Circa la corsa con parvenza “seduta” vale quanto detto prima, il percorso tecnico procede nella direzione di far viaggiare alto, non schiacciato il baricentro nella corsa. Vedremo gli sviluppi.
I dati raccolti,soprattutto quelli della corsa in ampiezza che permette di valutare principalmente il livello della catena muscolare estensoria, confortano circa la direzione positiva delle sollecitazioni proposte.
E i risultati cronometrici confermano.
CONCLUSIONI
Quanto propongo negli allenamenti, e gli effetti che ne derivano, ha un continuo monitoraggio attraverso la lettura dei parametri ritmici delle prove di corsa, secondo la filosofia del Prof Donati.(SVILUPPO DELL’AMPIEZZA E DELLA FREQUENZA NELLE PRESTAZIONI DI CORSA VELOCE, Rivista SDS marzo 1995)
Perche’,volente o nolente, compreso o non compreso, verificato o non verificato, su questi si agisce in positivo o in negativo con qualsiasi strategia di allenamento.
Il nostro atleta dovra’ pur far qualcosa di meglio se vorra’ andare piu’ veloce: fare un passo piu’ lungo a parita’ di frequenza, muovere piu’ svelte le sue gambe a parita’ di ampiezza,o nel migliore dei casi entrambe le cose. Altro non c’è.
La strada fu’ indicata decenni fa, pensieri piu’ sofisticati non mi è capitato di leggerne, i nostri procedere periferici sono adattamenti di pensieri gia’ fatti e pubblicati.
Mi piace chiudere con ultimo brano, Prof. Vittori e collaboratori:
“Partimmo dalla semplice considerazione che qualsiasi complesso ed articolato intervento di training fosse stato realizzato ,i conseguenti miglioramenti avrebbero dovuto convogliarsi in due parametri, i soli ad influire sulla velocita’ della corsa, la lunghezza dei passi e la loro frequenza (numero di passi per secondo).
Decidemmo ,quindi, suscitando l’ilarita’ di molti ,di contare i passi su ogni prova di corsa cronometrata, per controllare il comportamento dell’atleta nell’uso dei due parametri da riferire sempre a quelli che lo stesso otteneva nelle prove di velocita’ massima sui 100.
Credo che questo, nonostante le sterili critiche, rappresento’ il momento decisivo per l’evoluzione del pensiero metodologico che si faceva guida ed indirizzo di tutti gli altri contenuti dell’allenamento.”
…suscitando l’ilarita’ di molti…
Cosi’ va l atletica, cosi’ forse va il mondo.
Ringrazio per l’attenzione, ringrazio il mio interlocutore, ringrazio il Trevisatletica.
Rimango ,come si dice in questi casi ,a disposizione per qualsiasi approfondimento.
Nessuna disponibilita’ invece per inutili polemiche a dimostrare chi è il piu’ bravo.
Prof. MAURO FRANZERO,
Insegnante Scienze Motorie ,Tecnico Specialista Fidal
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