Luglio 5th, 2012

DIARIO TREVIGIANO

A cura di Franco Piol

 

 

ULTIMA ORA

Da Quinto mi dicono Giò Gjeli 15,45!

Non so altro! A domani (forse…)

 

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PER LA GRANDE PARATA DI BRESSANONE

19 i trevigiani promossi…

 

Per i Campionati Nazionali Assoluti, ben diciannove atleti trevigiani hanno ottenuto il passi, avendo raggiunto e/ superato i limiti imposti dalla Fidal.

Così a Bressanone, nelle giornate del 6/7/8 di luglio ci proveranno in diciassette (tanti sono gli iscritti), mancano lo junior Jacopo Lahbi (impegnato sugli 800m. ai “mondiali” di Barcellona!!!!) e la promessa Martina Bellio (12,76 nel triplo. Si iscriverà?).

Ve li presento con la loro prestazione stagionale, (tra parentesi i loro personal best):

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maschili

3000siepi, Paolo Zanatta 1982, 8’52”44 (8’49”40, 2010)

Marcia 10 km. Leonardo Dei Tos 1992, 43’21” s.s. (42’45”6, 2011)

asta, Nicola Tronca 1978, 4,90 (5,20, 2009)

peso, Loris Barbazza 1987, 15,46 (15,71, 2010)

giavellotto, Antonio Fent 1988, 72,69 primato personale

                  Mauro Fraresso 1993, 68,59 primato personale

4×100m. Patrick Pandolce 1993, staffettista

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femminili

1500m. Giulia Alessandra Viola 1991, 4’18”92 (4’17”13, 2011)

             Gloria Tessaro 1991, 4’31”41 (4’30”27, 2011)

3000 siepi, Elisabetta Colbertaldo 1993, 11’01”17 primato personale

                  Arianna Mondin 1988, 11’04”54 (10’39”18, 2009)

400hs. Eleonora Morao 1991, 1’01”55 (1’01”34, 2011)

lungo, Martina Lorenzetto 1992, 5,97 primato personale

triplo, Francesca Carlotto 1977, 12,52 (13,40, 2007)

peso, Flavia Severin 1987, 14,41 (14,69, 2009)

martello, Annarita Maschietto 1982, 49,73 (55,41, 2002)

eptathlon, Elisa Trevisan 1980, 5.493p. (5.844p. 2004).

 

 

Domani, facciamo un “tuffo” nel passato e vediamo i nostri campioni delle passate edizioni!!!

 

 

 

Ritorno al futuro

Scritto da Simone Proietti

 

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Donato, Meucci e Rosa: oro, incenso e mirra!

foto di Giancarlo Colombo/Fidal 

Si e’ concluso l’Europeo, l’Italia ne esce con tre medaglie, un oro portato da un fantastico Fabrizio Donato, un argento di Daniele Meucci che sta un po’ stretto, ed un bronzo inaspettato di  Chiara Rosa. Poi diversi azzurri in crescita, di cui alcuni davvero promettenti, ed i soliti limiti di un’atletica nazionale che non da’ segnali di ripresa.

Cominciamo da ciò che funziona, ossia da un magnifico Fabrizio Donato, trascinatore della squadra azzurra ai Campionati Europei finlandesi, con un oro superlativo, di quelli che fanno storia. Non solo per il 17.63 che ha portato alla vittoria, ma anche per la gara nel suo complesso, partita già in qualificazione con un salto facile e lungo come in pochi al mondo sanno piazzare. Donato ancora una volta ha dimostrato di essere un campione unico, capace a 36 anni di riprendersi ciò che in altri momenti di carriera non era riuscito a raggiungere. Adesso l’obiettivo è a Londra, per divertirsi in una sfida alla pari con quei ragazzi terribili che lo hanno imitato ai Trials americani di Eugene, primo tra tutti Christian Taylor, in cima alle liste mondiali con 17.63, stessa misura di Donato ma con vento entro la norma.

L’argento di Helsinki porta invece la firma di Daniele Meucci, presente da protagonista sia su 5000 che su 10000 metri, e già non è cosa da poco. Sulla distanza più breve la strada era chiusa dal britannico Moh Farah, così il toscano ha puntato una posizione da podio senza però andare oltre un quinto posto finale che sa un po’ di beffa per quei decimi persi per strada prima dell’ultima curva. Più possibilità c’erano per i 10.000 metri, ed infatti la medaglia è arrivata, ma anche in questo caso l’impressione è che l’oro fosse davvero ad un passo. Meucci comunque ha ribadito la sua posizione tra i migliori d’Europa, conquistando medaglia come a Barcellona.

Ottima partecipazione anche per Chiara Rosa, al bronzo con 18.47 nel peso, misura distante dal meglio fatto in carriera dalla ragazza di Camposampiero, ma che beneficia di qualche assenza importante e ripaga dei sacrifici di una vita passata a lanciare. Meritato e positivo anche questo, come positive sono state le prove di alcuni giovani all’esordio in una manifestazione assoluta come quella degli Europei. Brava Gloria Hooper sui 200 metri, talentuoso Gianmarco Tamberi nel salto in alto, promettenti i vari Marani, Haidane, Apostolico, che ha trovato giornata storta in finale, e Stecchi.

Bene gli ostacolisti “alti”, da Emanuele Abate alla coppia Caravelli-Cattaneo, un settore vivace anche nelle categorie più giovani. Peccato per Vistalli, fermato da un infortunio in finale, ma parso pimpante nei turni eliminatori, dando l’impressione di poter correre in 45 secondi bassi. In chiaroscuro la velocità, simbolicamente rappresentata da Simone Collio, che centra la finale sui 100 metri, ma poi fa una falsa in gara individuale ed è coinvolto nell’incidente con Di Gregorio in 4×100. Un testacoda che accusa anche Libania Grenot, bene in semifinale ma poi crollata sul rettilineo conclusivo della finale, risucchiata da cinque avversarie.

Fanno la loro parte Nicola Vizzoni, quinto in una gara di martello che nulla aveva da invidiare ad una finale olimpica, e Simona La Mantia, quarta nel triplo e sulla strada del miglioramento rispetto alla scorsa stagione. Nel mezzofondo, da segnalare la grinta di Patrick Nasti, poi sfortunato ad inciampare su una barriera in finale sui 3000 siepi, e la prova di Ejjafini sui 5000 metri.

 

Per quanto concerne gli aspetti negativi, il più preoccupante è una mancanza di miglioramenti sensibili rispetto all’Europeo disputato a Barcellona nel 2010. Eppure questi Campionati europei potevano essere una buona occasione per fare un passo avanti rispetto a Barcellona ed allungare una striscia positiva da quella edizione 2006 che rappresenta una delle peggiori partecipazioni italiane, quanto meno nella storia recente della manifestazione. Invece, da una fredda analisi statistica di atleti approdati in finale, di punti acquisiti dagli azzurri nei primi otto, non emergono miglioramenti sostanziali rispetto all’edizione del 2010, dove gli atleti convocati erano praticamente gli stessi, 60 (escludendo maratoneti e marciatori) contro i 59 approdati ad Helsinki. Ebbene, al di là delle minime differenze in termini di medaglie e dei punti accumulati dai finalisti nelle prime otto posizioni, in lieve ribasso nell’ultima rassegna ma per le cui elucubrazioni matematiche rimandiamo ad altri approfondimenti, ciò che emerge è che la posizione in medagliere alla fine è anche peggiore di quel buco del 2006, passando dalla nona di quell’edizione, alla diciassettesima nel 2010, per risalire alla dodicesima posizione di oggi. Ad onor del vero, la mediocrità di questi anni riprende  un trend negativo iniziato già nel 2002, ma il problema è proprio l’immobilismo perseverante che attraversa il nostro movimento, tanto che oggi, ossia 10 anni dopo, poco o nulla sembra migliorato rispetto a quella fase storica già solo nel contesto europeo. Come nel film “Ritorno al futuro”, sembra di viaggiare all’indietro nel tempo, cambiano le epoche, ma personaggi e limiti della nostra atletica si ripetono da un decennio, senza virate decisive.

 

Anzi, volendo indagare bene, rispetto a Barcellona 2010, la settimana appena trascorsa ha fatto riemergere alcuni grattacapi che già erano trapelati lo scorso anno, e che quest’anno sono riapparsi  in versione più seria. La disfatta a 360 gradi di tutte e quattro le staffette azzurre, con il ciliegione sulla torta del pasticcio della 4×100 maschile, argento europeo uscente, appare eloquente sulla confusione nelle stanze di comando. Se poi è lo stesso Presidente federale a dichiarare di aver personalmente radunato i ragazzi di staffetta prima della gara per ricordargli l’importanza di fare bene, allora, alla luce dell’ennesimo risultato disastroso della 4×100, bisogna ammettere che qualcosa proprio non va. E con questo non si discute il valore degli atleti portati ad Helsinki, che più volte in passato hanno dato prova di efficienza ed attaccamento alla maglia, quanto del sistema che gli gira attorno, che in questi mesi ha portato a dichiarazioni e scelte quanto meno contraddittorie. Come quella per esempio di concordare la permanenza di alcuni atleti all’estero, che, a giudicare dalla controprestazione di Libania Grenot nella finale dei 400 metri, non si è rivelata per il momento una scelta produttiva e risolutrice. Lungi dal pensare che sia sbagliato far allenare qualche atleta fuori dell’Italia ed in un contesto di elite, ma è poi possibile che lo stesso Arese dichiari che “l’esperimento di andare ad allenarsi negli USA nell’anno olimpico andava ragionato di più”? Queste strategie da chi sono state condivise e ponderate? Spesso si dice che non si può far meglio perché “è questo che offre il convento”, allora forse è il caso di preoccuparsi di come funziona il convento, di ottimizzare la macchina gestionale.

E’ chiaro che non è possibile risolvere i problemi della nostra atletica da un momento all’altro, ma, come già detto, la situazione ormai si trascina da quasi un decennio. Donato è un campione ma non è eterno, stesso dicasi per Vizzoni o Di Martino. Qualche anno fa si era puntato tanto sul talento di qualche atleta di punta, tra cui Andrew Howe, poi il ragazzo è incappato in un infortunio che in atletica ci può stare, e adesso che si fa? Speriamo che Andrew torni più forte di prima, ma quelle scelte di puntare su pochi nomi di richiamo hanno rafforzato davvero il sistema? Chissà se qualcuno ha dati al riguardo. Spunti su cui riflettere, in vista di Londra, che, rispetto alla tranquilla e fresca Helsinki, tra un mesetto diventerà un crogiuolo di nazioni affamate di medaglie, e di campioni in cerca di affermazione provenienti da ogni angolo del pianeta. Lì sì che sarà dura sopravvivere…